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Serve un marchio italiano per i prodotti biologici

Per dare ai consumatori di prodotti biologici la certezza di acquistare alimenti non inquinati da biotech è ora necessario rendere operativo il marchio del biologico italiano che garantisca la tolleranza zero sulla presenza di organismi geneticamente modificati (Ogm). E' quanto afferma la Coldiretti nel commentare negativamente l'adozione da parte dell'Unione Europea di una proposta di nuovo regolamento che consente nella produzione biologica una contaminazione da Ogm fino allo 0,9 per cento. Il marchio italiano – precisa la Coldiretti – serve per difendere produttori e consumatori che non vogliono consumare Ogm. Dal 2000 a oggi – prosegue la Coldiretti – è triplicato il numero di importatori di prodotti di biologici dall'estero mentre si è verificato un drastico crollo del 28% nel numero di imprese agricole italiane impegnate nelle coltivazioni biologiche. Il rischio evidente – continua la Coldiretti – è che in assenza di una adeguata etichettatura di origine il crescente arrivo di prodotti importati favorisca la diffusione di prodotti contaminati da Ogm. D'altra parte l'avvio del marchio del biologico italiano è l'occasione per colmare il ritardo del nostro Paese nei confronti di Francia, Germania, Austria, Belgio, Svizzera, Olanda, Svezia e Danimarca che hanno da tempo fatto questa scelta. Una opportunità anche per difendere il podio conquistato dall'Italia nella classifica mondiale della produzione biologica davanti a Stati Uniti e Brasile e dietro soltanto ad Australia e Argentina, Paesi che hanno la disponibilità di terreni coltivati enormemente più grande di quella nazionale. L'Italia – sottolinea la Coldiretti – è tuttora leader assoluta nell'Europa allargata con oltre un quinto della superficie coltivata e un terzo delle imprese. A livello regionale – secondo l'analisi della Coldiretti – è la Sicilia, con 6.389 aziende agricole a detenere il primato nel biologico, seguita dalla Calabria (4.078 aziende), dall'Emilia-Romagna (3.378 aziende), dalla Puglia (3.065 aziende) e dal Lazio (2.543 aziende). Un aspetto rilevante – conclude la Coldiretti – è legato alla presenza in azienda di animali allevati con metodo biologico per i quali nel 2004, rispetto al 2003, si è registrato un incremento in tutte le specie, dalle mucche ai maiali, tranne che per i caprini e le api (arnie in calo da 76.607 a 67.713) mentre particolarmente sensibile l'aumento dei polli passati da 1.287.131 a 2.152.295 unità.