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Vinitaly e il mercato indiano

In India i vini d’importazione hanno prezzi nel range 35-150 euro, con i vini della categoria premium che rappresentano un volume di 50 mila casse su un totale di 865 mila vendute nell’annata 2005-2006, che diventeranno 6,36 milioni nel 2015.
Viste queste grandi potenzialità di consumo e il successo nello scorso gennaio della terza edizione di Vinitaly India, si sta già lavorando per preparare l’edizione del prossimo anno (15-18 gennaio 2008). Vinitaly rappresenta infatti un grimaldello per entrare su questo mercato, dove non è possibile fare pubblicità diretta ai prodotti alcolici, mentre grandi opportunità possono venire dalle azioni di promozione realizzate attraverso degustazioni o eventi fieristici.
Apprezzato dagli operatori quindi il ruolo di Vinitaly di essere piattaforma di lancio per l’internazionalizzazione delle imprese vitivinicole italiane con la realizzazione, durante i giorni della manifestazione, di focus sui Paesi meta delle tappe di Vinitaly World Tour e “l’India – ha detto Flavio Piva, condirettore generale di Veronafiere – è un mercato che ci darà soddisfazioni straordinarie” .
Ma perché puntare sull’India, dove i consumatori sono non più di 200 mila su una popolazione di oltre un miliardo di persone? “È vero – ha risposto Rajiv Malhotra, presidente Lotus Exhibitions & Marketing Service, relatore del focus sull’India – che chi vuole importare vino nel Paese deve affrontare molti handicap, quali ad esempio dazi doganali proibitivi, controllo rigoroso dello Stato, mancanza di informazione, possibilità di distribuzione limitate al di fuori dei circuiti degli alberghi di lusso e della ristorazione di alto livello, protezionismo nelle regioni produttrici, mancanza di infrastrutture per lo stoccaggio del vino, ma altrettanto vero è che lo spazio per lo sviluppo dei consumi è enorme”. Innanzi tutto un tasso di crescita del 30% annuo sostenibile nel medio-lungo periodo e un bacino di 10-20 milioni di potenziali consumatori. “Inoltre – ha proseguito Malhotra – a livello internazionale il Governo indiano è sotto la pressione dell’Unione Europea e ora anche degli Usa per la riduzione dei dazi, tanto che il ministro per il commercio indiano ha dichiarato recentemente di voler arrivare il più presto possibile alla definizione di una soluzione”. Da non sottovalutare, poi, l’accettabilità del vino come prodotto di lusso, specie per le donne, per le quali rappresenta una specie di simbolo della raggiunta crescita sociale.
Il vino prodotto in Italia può anche contare sulla popolarità riscossa dalla cucina italiana tra gli indiani, che possono apprezzarla non solo nei grandi alberghi, ma anche nei sempre più numerosi ristoranti indipendenti che aprono ogni giorno e che sono un importante veicolo di promozione.
Ciò non toglie che il vino italiano possa essere bevuto abbinato con i piatti della cucina indiana. “Non c’è una sola cucina tradizionale indiana – ha detto Megandeep Singh, giornalista e sommelier indiano – e ogni regione vanta tradizioni diverse legate anche alla religione praticata.
Le pietanze sono comunque molto speziate e non esiste un ordine per servirle, infatti durante il pasto le portate vengono presentate tutte insieme.
Per questo il vino servito deve abbinarsi al pasto in generale e non ai singoli piatti.
Non sono graditi perciò i vini molto tannici, mentre vanno bene quelli di media corposità e fruttati, ma non quelli dolci”.
Nel mercato c’è spazio per tutte le diverse gamme di prezzo, con i vini di primo prezzo che potranno avere un forte sviluppo man mano che si diffonderà, e sarà solo questione di pochi anni, la grande distribuzione organizzata. Il consumo di vino in India è comunque prevalentemente di vino rosso, con i vini economici prodotti localmente che rappresentano più della metà del mercato complessivo, pur sviluppando solo il 22% del valore.
“Per ora – ha detto Malhotra – hanno maggiori possibilità le imprese con grande capacità produttiva, già presenti nei ristoranti trendy delle grandi città e in grado di dedicarsi alla crescita del mercato assieme a un partner locale. Opportunità ci sono anche per i produttori di medie dimensioni con gamma di vini a prezzi bassi e medi che possono sostenere il partner indiano con frequenti presenze, ma anche per i buyer che rappresentano grandi, piccoli e medi produttori disposti ad investire in una propria struttura di organizzativa in India”. Attualmente – ha detto Singh – gli importatori che controllano il mercato sono solo 15”.
Per avere successo è fondamentale però fare sistema, perché anche se ogni giorno i giornali in India parlano di vino o pubblicano foto con divi che bevono un bicchiere di vino occorre lavorare affinché poi i vini scelti siano quelli italiani. Occorre fare sistema tra istituzioni e produttori. I primi con il ruolo di accompagnare l’internazionalizzazione anche delle medie e piccole imprese e facendo formazione e informazione, attività queste ultime due fondamentali in un Paese che ancora non beve vino. I secondi con la loro professionalità imprenditoriale e commerciale.
“Buonitalia – ha detto Giorgio Serra, responsabile vinicolo della società del Mipaaf che dall’anno scorso collabora con Vinitaly per le manifestazione all’estero – ha proprio questo core business, cioè portare sui mercati esteri le aziende italiane mettendo a sistema risorse e progetti. Ma non basta un evento – ha concluso Serra – occorre esserci tutto l’anno, così ora stiamo cercando di capire come dare continuità alla presenza” .
Al focus di Vinitaly sull’India ha partecipato a cura di Veronafiere una delegazione di buyer indiani, che poi hanno partecipato a una degustazione di cibi e vini curata dall’Enoteca regionale dell’Emilia-Romagna.

Comunicato stampa
Servizio Stampa Veronafiere
E-mail: pressoffice@veronafiere.it –

Weblink: www.vinitaly.com