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Petrini, Olmi, Ciotti per un’Expo diversa

Il presidente di Slow Food presenta una lettera aperta scritta con il regista e il sacerdote antimafia.

Carlo Petrini, Don Luigi Ciotti, Ermanno Olmi: tre amici, tre intellettuali provenienti da mondi diversi ma uniti da una visione comune dell’agricoltura. Cogliendo l’occasione per la presentazione di Volere bene alla terra, il nuovo libro edito da Slow Food Editore che raccoglie le interviste che, nell’arco di dieci anni, Carlo Petrini ha realizzato con grandi personaggi da tutto il mondo, si è svolto oggi pomeriggio un incontro fra il presidente di Slow Food e Don Luigi Ciotti, Presidente di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro la mafia. «Un libro che parla dell’importanza dell’agricoltura familiare oggi minacciata», ha affermato Petrini. «Quanti contadini onesti e appassionati, ad esempio nella Terra dei Fuochi, soffrono la vergogna di essere additati come soggetti inquinanti per colpa di chi ha depauperato l’ecosistema, inquinandolo con la complicità della mafia e l’insipienza di certi politici!».

L’incontro ha poi ripercorso le tappe della vita di Don Ciotti, la sua esperienza prima con il Gruppo Abele, poi con Libera, per restituire alla legalità i terreni confiscati alle mafie e creare un’economia agricola virtuosa che, dopo un inizio non semplice, ha dato vita a prodotti d’eccellenza realizzati da diverse cooperative del Sud Italia. Un percorso ancora lungo, come ha tenuto a sottolineare Don Ciotti, poiché le mafie prosperano e sono molto attive anche a livello europeo. Inoltre, le ricchezze sono troppo concentrate nelle mani di pochi: «Le cifre sono impressionanti: 500 multinazionali detengono il 52% del Pil del pianeta, le prime tre controllano il 91% della ricerca genetica e il 53% dei semi, le prime sei controllano il 76% dei pesticidi. Per citare Papa Francesco: “C’è un’economia che uccide”».

In conclusione Petrini ha letto una lettera aperta sull’Expo, scritta in collaborazione con Ermanno Olmi e Don Ciotti. Un’esigenza nata dalla preoccupazione che l’esposizione universale sia solamente l’occasione per parlare e promuovere il cibo come merce, senza affrontare concretamente questo argomento e le sue innumerevoli implicazioni. «Non si può rimanere passivi di fronte all'avvelenamento delle fonti di cibo provocato dalle spregiudicate economie globali che, per un falso concetto di modernità, giustificano ogni stoltezza» scrivono i tre. «Oggi la fame che perseguita grandi parti di mondo, determina migrazioni epocali, bibliche. Il Mediterraneo ogni giorno è tomba di una disperata umanità che cerca di superare i confini visibili e invisibili che la privano del cibo quotidiano. (…) A partire da queste dissonanze ormai intollerabili, nasce il nostro bisogno di lanciare un appello affinché l’Expo non si riduca a un’esposizione senz’anima, dove si enunciano vasti programmi e nobili intenzioni, mentre si tace sulla povertà e le ingiustizie che opprimono la vita di milioni di persone». Un dibattito collettivo non più moralmente rinviabile, un modo di mettere a dimora un seme che possa crescere rigoglioso: il seme del buon senso e della dignità di ogni abitante della terra. L’Expo dovrebbe così diventare occasione per tutti gli uomini di buona volontà, per condividere il proprio cibo, con la coscienza che è anche e sempre quello degli altri: «C’è un destino comune che ci attende e uniti acquisteremo coscienza di popolo, di un'unica umanità».

Scarica qui la lettera Per un Expo che getti un seme contro la fame nel mondo

Alessia Pautasso
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