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Nuove norme a tutela dell’agroalimentare italiano

A Milano esperti a confronto per fare il punto sullo stato di salute del settore, alle prese con le difficoltà di gestione delle regole tra Stati esteri e la piaga della contraffazione

A seguito del via libera definitivo, a Bruxelles, alla regolamentazione sulla trasparenza delle informazioni in etichetta per l’olio d’oliva, a Milano esperti dell’Uni, ente Nazionale di Unificazione responsabile dell’attività normativa nel settore agroalimentare, ed esponenti dei ministeri delle politiche agricole e della salute hanno tenuto un seminario per fare il punto sullo stato della normativa a tutela del made in Italy e presentare i progetti che riguarderanno il futuro del settore.

L’incontro ha fornito l’occasione per discutere con gli operatori del settore del ruolo delle norme nella tutela del made in Italy, specie in vista della scadenza del 2015, quando l’Italia sarà chiamata ad ospitare le delegazioni di tutto il mondo per l’Expo, presentando come biglietto da visita le proprie eccellenze enogastronomiche.

Negli ultimi venticinque anni di attività, Uni ha prodotto oltre mille norme, il 75% delle quali tuttora in vigore, che stabiliscono i confini entro i quali è lecito operare. Linee guida, cioè, che hanno il compito di indicare, ad operatori e produttori, regole per garantire la qualità dei prodotti e tutelare i consumatori. ‘Ciò perché – spiega Stefano Cardinali del Gruppo di Lavoro Uni ‘Sistemi di gestione per la sicurezza alimentare’ a Ign, testata online del Gruppo Adnkronos – la legislazione vigente affida ai produttori responsabilità primarie nel garantire la sicurezza, con modalità operative non completamente definite. Le norme Uni giocano quindi un ruolo fondamentale e forniscono le indicazioni pratiche e utili sui sistemi da adottare’’.

Le norme Uni regolano tutti gli ambiti operativi per la produzione di alimenti idonei ad essere definiti eccellenze made in Italy. Si va dai metodi di analisi alle specifiche di prodotto, dalle caratteristiche di processi e filiere agli imballaggi, fino alla sicurezza e l’igiene dei macchinari. ‘’La filiera agroalimentare – prosegue Cardinali – è estremamente lunga, complessa e ramificata. Tenere sotto controllo tutti è praticamente impossibile. Le stesse autorità di controllo, non solo in Italia, si sono rese conto di non essere in grado di controllare capillarmente tutte le situazioni. Devono quindi potersi fidare di un sistema che funzioni’’.

’Le denominazioni d’origine – afferma Vincenzo Carrozzino, funzionario agrario al Dipartimento politiche competitive, qualità agroalimentare, ippiche e della pesca del Ministero dell’Agricoltura a Ign, testata online del Gruppo Adnkronos – valgono a livello europeo 54 mld di euro, dei quali l’Italia, da sola, rappresenta 20 miliardi. Le dimensioni globali raggiunte dal mercato rappresentano quindi per le aziende italiane un’importante opportunità, anche se non mancano fattori di rischio’’.

La non omogeneità del sistema legislativo dei vari Paesi costituirebbe cioè uno scoglio contro cui le norme rischiano di incagliarsi, facilitando l’introduzione sui mercati extra europei di prodotti contraffatti, perdipiù con l’aggiunta di nomi che richiamano gli originali. ‘’La sfida – spiega Carrozzino – è nell’ambito internazionale perché molto spesso, alle richieste di protezione che inviamo per alcuni prodotti presenti in quei mercati, ci viene risposto che le denominazioni sono ormai generiche e quindi di libera fruizione’’.

L’Italia sta conducendo quindi una battaglia per stabilire accordi con i vari Paesi per rafforzare la tutela delle proprie eccellenze. ‘’Finora – sottolinea Carrozzino – abbiamo stretto un accordo bilaterale di libero scambio con la Corea del Sud, entrato in vigore il 1 gennaio 2011, con il quale abbiamo ottenuto la registrazione e la protezione delle più importanti denominazioni di origine geografica. Attualmente stiamo negoziando l’Accordo Transatlantico con gli Stati Uniti, nel quale è contenuta una parte dedicata alle nostre denominazioni. E infine abbiamo appena completato l’aspetto politico dell’accordo con il Canada, che assume un’importanza strategica visto che si tratta di un Paese che, come gli Stati Uniti e l’Australia, ha purtroppo scarsa sensibilità al problema’’

AdnKronos