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Slow Wine 2016 riparte dai vigneron

Carlo Petrini: «Il futuro è nell’economia locale: nessuno può essere forte nel mondo se non è forte a casa sua»

«I vigneron hanno la responsabilità sociale di fare un buon vino, non è solo un dare e avere, perché poi chi sceglie di bere proprio quel vino deve anche amarlo. Hanno la responsabilità sociale nei confronti dei propri collaboratori: lo scandalo del caporalato nelle Langhe, venuto fuori proprio grazie a un’inchiesta di Slow Wine, non fa per niente onore a quei produttori che fanno finta di non vedere che chi lavora nelle vigne non viene pagato quanto meriterebbe. E non possono dare la responsabilità alle cooperative che assumono: quei lavoratori faticano per loro. E infine, i vigneron hanno la responsabilità sociale nei propri confronti: devono essere orgogliosi del loro lavoro, essere soddisfatti e ricordarsi che l’economia non è il fine ma il mezzo. Il fine è la nostra vita, la nostra azienda, la nostra famiglia, i nostri affetti. State tranquilli che i conti tornano sempre quando si fa un buon lavoro».Con queste parole il presidente di Slow Food, Carlo Petrini presenta la sesta edizione di Slow Wine davanti a centinaia di produttori arrivati a Montecatini Terme da tutta Italia: «Un onore avervi qui, un onore poter raccontare l’Italia attraverso il vostro lavoro. Perché Slow Wine parla di vita, di vigne, di territorio. C’è tutta l’Italia dentro!». E soprattutto c’è la dimostrazione di come la viticoltura sia prima di tutto un atto agricolo: «Perché il vino non è un manufatto, è un prodotto agricolo simbolo di identità, cultura, gioia e territorio. Il futuro è nell’economia locale: nessuno è può essere forte nel mondo se non è forte a casa sua. Abbiamo il dovere di ricostruire questo legame. Dovete costruire un legame forte con i contadini della vostra zona».

Un invito ribadito da Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia: «Presentiamo una guida che arriva alla sesta edizione: questi anni sono volati eppure il mondo del vino è un altro. Cresce la maturità ecologica, che riteniamo fondamentale: nessuna certificazione può essere efficace se non riusciamo ad affermare e imporre questo tipo di sensibilità e cultura. Resistiamo alle sirene del profitto per il profitto, e lavoriamo nel rispetto di ambiente e risorse. Ma soprattutto andiamo oltre una vuota competizione che presuppone che il benessere di qualcuno vada a discapito di qualcun altro. E invece la parola oggi dovrebbe essere cooperazione: perché attraverso la cooperazione possiamo far sì che il mondo del vino possa essere di riferimento per tutto il mondo dell’agricoltura. Ed è proprio quello che sta avvenendo e che noi ci auguriamo».

Proprio questo è il mondo che Slow Wine racconta. I numeri li conoscete, oltre 200 collaboratori hanno scarpinato per vigne e cantine in tutta Italia. Ne abbiamo recensite 1917 visitando i tutti i produttori: «E dall’incontro nasce la narrazione dei produttori, delle vigne, del territorio» ricordano i curatori Giancarlo Gariglio e Fabio Giavedoni. «Perché i migliori comunicatori del vino sono gli stessi produttori: del resto quanti vini assomigliano ai vigneron che li hanno creati? Il nostro obiettivo di giornalisti, non è la promozione ma fare cultura», ha ricordato Gar Lerner, intervenuto alla presentazione che ha rappresentato anche un momento di riflessione sulla comunicazione del vino.

Gli fa eco il giornalista e gastronomo Paolo Pellegrini: «Bisogna ringraziare questo mondo che ci mette sempre la faccia e a cui in un certo senso siamo tutti debitori». Quindi per non cadere nel sensazionalismo fine a se stesso, che poco giova al mondo del vino: «C’è ancora bisogno di punti di riferimento sicuri e questo dimostra che probabilmente non è necessario puntare alla quantità. Sono i contenuti che contano. Rimane la necessità dei professionisti dell’informazione e di redattori di guide che facciano il loro mestiere con coscienza: perché danno un servizio, verificano le fonti, approfondiscono», chiosa il giornalista e wine blogger Luciano Pignataro.

Slow Wine si colloca sempre più come una guida di narrazione che arricchisce il lavoro di degustazione e racconto: «Per questo fare una guida ha ancora senso e, altrimenti, non si spiegherebbe come mai delle cinque edizioni, quella del 2015 ha registrato il maggior successo di vendite. Probabilmente, allora, ciò che si acquista con questa guida non si trova così facilmente sul web: noi vendiamo un sistema operativo, una chiave di lettura frutto dell’esperienza quasi trentennale di Slow Food in materia di vino e cibo», concludono i due curatori Gariglio e Giavedoni.

Elisa Virgillito
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