Prodotti tipici

Cochinillo de Segovia

Spagna – Il prodotto Igp è il risultato dell’allevamento di suini (non iberici) a mantello bianco, senza distinzione di sesso, nati nella provincia di Segovia e nella comarca di La Moraña de Ávila, alimentati esclusivamente con il latte materno e macellati non oltre 35 giorni dalla nascita.

Rientrano nell’Igp «Cochinillo de Segovia» le carcasse che hanno le caratteristiche seguenti: il peso della carcassa è compreso tra 4,0 kg e 5,8 kg (senza gli organi interni); le carcasse sono vendute intere, con la testa e senza gli organi interni, oppure in mezzene o in primi tagli; le carcasse hanno forma ben proporzionata (né magre, né allungate); il colore esterno è bianco, cremoso o cereo, pulito e omogeneo, senza macchie di sangue o colorazioni estranee; il colore della carne è roseo, bianco-perlato o rosso pallido; l’odore è di carne fresca di lattonzolo; la struttura è soda e priva di zone morbide, ma non dura.

La nascita, l’allevamento e la macellazione degli animali devono avere luogo nella zona geografica delimitata, così come la lavorazione e il sezionamento delle carcasse.

Il sezionamento deve avere luogo nella zona geografica delimitata di cui al punto 4, poiché dev’essere effettuato subito dopo la macellazione per evitare la perdita di freschezza o l’ossidazione. Questo metodo è considerato necessario e proporzionato per garantire la qualità e il controllo del prodotto.

Il confezionamento del prodotto deve avvenire immediatamente dopo il sezionamento; ciò è necessario per preservarne la qualità e garantire in maniera più efficace l’autenticità del prodotto sezionato (più difficile da identificare rispetto al prodotto intero), oltre che per assicurarne la tracciabilità. Il confezionamento pertanto deve avere luogo nella zona geografica delimitata.

Tutte le carcasse e/o le confezioni contenenti carne di «Cochinillo de Segovia» immesse in consumo devono recare un sigillo di garanzia in cui figurino almeno il logo della denominazione comprendente la dicitura «Cochinillo de Segovia», il simbolo dell’Unione, la data di macellazione e il numero di identificazione. Inoltre l’etichettatura dei tagli confezionati di carne di «Cochinillo de Segovia» deve recare la data di confezionamento; se non si rispetta tale requisito, il prodotto non può essere commercializzato come «Cochinillo de Segovia». Il sigillo dev’essere apposto in modo che non sia possibile riutilizzarlo.

La zona geografica delimitata si estende all’intera provincia di Segovia e, nella provincia di Ávila, a tutti i comuni appartenenti all’Associazione dei comuni della comarca di La Moraña oltre ai seguenti comuni: Aveinte, Blasconuño de Matacabras, Blascosancho, Bohodón (El), Mingorría, Monsalupe, Pajares de Adaja, Pozanco, Santo Domingo de las Posadas, Santo Tomé de Zabarcos, Tiñosillos, Velayos.

Il legame tra la zona geografica e il prodotto «Cochinillo de Segovia» si basa sulla sua reputazione e sulle specifiche caratteristiche del prodotto derivanti dal metodo di produzione.

Il «Cochinillo de Segovia» ha pelle bianca e carne rosea, a differenza dei lattonzoli di altre zone, che presentano pelle rosea con scure chiazze rossastre e carne più scura.

Queste caratteristiche dipendono da uno specifico metodo di produzione che consiste nel somministrare ferro per via orale ai lattonzoli nei primi giorni di vita.

Questa pratica particolare risale agli esordi dell’allevamento di lattonzoli nel diciannovesimo secolo; gli animali erano destinati in gran parte al consumo privato, e i capi eventualmente eccedenti – ossia quelli che i proprietari non potevano permettersi di allevare fino all’età adulta – venivano venduti ai ristoranti di Segovia specializzati in arrosti. I produttori di lattonzoli (piccoli allevatori che tenevano gli animali in porcili adiacenti alle proprie abitazioni o addirittura nel cortile di casa) somministravano occasionalmente questo minerale ai propri animali quando li facevano uscire nei campi o nel cortile, dove erano liberi di grufolare nel terreno in cerca di cibo e finivano per masticare anche zolle di terra e fango;

alcuni allevatori giungevano perfino a offrire loro vecchi mattoni. Questi animali sentono il bisogno istintivo di apportare all’organismo il ferro di cui per natura sono privi dalla nascita.

Nel corso del tempo queste conoscenze specifiche tramandate nel luogo si sono evolute nella pratica attuale di somministrare ai lattonzoli segoviani una piccola quantità di ferro, soltanto per via orale; in altre zone della Spagna si ricorre invece a iniezioni di ferro.

Un’altra caratteristica tipica è l’alimentazione dei lattonzoli, limitata esclusivamente al latte materno; di conseguenza, trattandosi di animali che vengono allattati, devono essere trasportati al macello il più rapidamente possibile. Ciò spiega il legame tra il «Cochinillo de Segovia» e la provincia di Segovia e La Moraña, una piccola comarca della provincia di Ávila limitrofa a quella di Segovia: nel diciannovesimo secolo, a causa della limitata disponibilità di mezzi di trasporto (principalmente carri, muli o asini), i fornitori dei ristoranti di Segovia specializzati in arrosti si trovavano in un raggio di circa 40 chilometri, nelle zone in cui vi era un’abbondante produzione di cereali; pertanto non si allevavano lattonzoli nelle zone montane. In seguito a questi problemi di trasporto era difficile far affluire il prodotto da altre zone; di conseguenza la produzione era locale e concentrata nella provincia di Segovia e nella comarca di La Moraña. La distribuzione geografica conferma il nesso tra l’allevamento di suini e la produzione di cereali, che formano la base della dieta delle scrofe in lattazione.

A partire dagli anni Sessanta del ventesimo secolo l’allevamento di suini ha conosciuto un notevolissimo sviluppo, e alcune aziende si sono specializzate nella produzione specifica di lattonzoli per soddisfare la crescente domanda di questo prodotto. Quest’evoluzione si è accompagnata alla modernizzazione e all’adattamento del settore cerealicolo, che comprendeva ormai anche la produzione di mangimi per animali. I mangimi per animali si sono dimostrati essenziali per offrire alle scrofe in lattazione una dieta ricca di nutrienti e ottenere così un latte di elevata qualità, unico alimento dei lattonzoli.

Gli allevamenti di suini producevano soltanto lattonzoli da commercializzare per la preparazione di arrosti nei ristoranti tradizionali specializzati («mesones»); quando le scrofe partorivano, gli allevatori conoscevano già l’uso cui erano destinati i lattonzoli, che venivano pertanto allevati secondo metodologie particolari. La prassi consueta nell’allevamento dei lattonzoli consiste nel separare tutti i piccoli dalla scrofa contemporaneamente; di conseguenza alcuni sono di grandi dimensioni (denominati localmente cabeceras poiché sono alla «testa» del gruppo), giacché hanno succhiato dalle mammelle che contengono più latte, mentre altri sono più piccoli e deboli poiché hanno ricevuto meno latte (i cosiddetti colas o in «coda al gruppo»). Il peso (3-7 kg) e la conformazione delle carcasse variano pertanto considerevolmente. Le carcasse di «Cochinillo de Segovia» devono però avere un peso omogeneo (4-5,8 kg), e provenire da animali ben proporzionati, né magri né allungati. A tal fine si svezzano i lattonzoli di maggiori dimensioni e si lasciano gli altri con la scrofa, affinché possano acquistare peso e conseguire una forma adeguata. Questa pratica è ancora in uso al giorno d’oggi e costituisce un aspetto caratteristico dell’allevamento di lattonzoli per il «Cochinillo de Segovia» nelle aziende dedite specificamente alla produzione di questo prodotto.

Negli anni Sessanta e Settanta i lattonzoli sono divenuti un elemento fondamentale della gastronomia segoviana, che è poi diventata famosa in tutto il mondo. Questo risultato è dipeso soprattutto dal boom del turismo e dalla promozione del «Cochinillo de Segovia» da parte del settore ricettivo di Segovia, e in particolare dei «visionari» ristoratori segoviani Cándido López, nominato «Mesonero Mayor de Castilla» [Primo ristoratore di Castiglia], e Dionisio Duque.

Sia Cándido López che Dionisio Duque hanno attirato a Segovia, per gustare il lattonzolo, migliaia di turisti, tra cui statisti, artisti, attori, scrittori, ricercatori, atleti, ecc., di passaggio a Madrid. I ristoratori li incontravano a Madrid e li conducevano a Segovia, come testimoniano i registri dei visitatori e le fotografie esposte nei locali.

Attualmente il «Cochinillo de Segovia» è assai richiesto nei ristoranti segoviani e il tradizionale arrosto di «Cochinillo de Segovia» è apprezzato da centinaia di migliaia di persone che giungono tutti gli anni da ogni parte della Spagna e dall’estero, in proporzioni pressoché equivalenti. Nell’opera intitolata El DORADO, el Cochinillo de Segovia en la cultura gastronómica «El DORADO»: il «Cochinillo de Segovia» nella cultura gastronomica del sociologo e storico della gastronomia Lorenzo Díaz, vincitore del premio nazionale per la gastronomia spagnola, si legge: «Segovia possiede un ricco patrimonio gastronomico; il suo lattonzolo si può gustare in tutta la Spagna. Arrostito al forno o servito come confit, eccelle per qualità e sapore»; inoltre «il lattonzolo è il simbolo gastronomico di Segovia ed è stato definito “un’innocente e angelica leccornia” ».

La reputazione del prodotto è testimoniata da numerosi riferimenti sulla stampa, in riviste e blog nazionali e internazionali. L’articolo del The New York Times «Spain’s Savory Suckling Pig» [Il gustoso lattonzolo spagnolo] sottolinea il nesso tra il lattonzolo e la città di Segovia: «Segovia, splendida città murata che si leva sulla pianura circostante, si proclama patria del cochinillo». (Pringle, 1990).

Troviamo altre citazioni in articoli di quotidiani come The Guardian, secondo cui «Segovia è ricca di storia, di orgogliosa ospitalità castigliana e di prodigiose quantità di lattonzoli arrosto» (Tremlett, 2006), e in riviste online come l’italiana Innaturale, il cui articolo «Cochinillo de Segovia, il maiale che si taglia con il piatto» descrive il caratteristico rituale: «Il ‘Cochinillo de Segovia’ – conosciuto anche come lattonzolo di Segovia – è un piatto tipico spagnolo. (…) La carne risulta così tenera che, per dimostrarne la perfetta preparazione, la si taglia con un piatto». «Il maiale che si taglia con il piatto» (2018).

L’importanza del «Cochinillo de Segovia» è dimostrata dal fatto che esso appare in eventi internazionali come l’Hay Festival, in cui è sempre servito arrosto nella manifestazione di apertura, e in occasione dei premi giornalistici Cirilo Rodríguez assegnati a corrispondenti di diversi paesi del mondo nonché del festival del cinema d’animazione 3D Wire, in cui i vincitori e i finalisti di entrambi gli eventi sono invitati a tagliare il lattonzolo arrosto nel modo tradizionale con il bordo di un piatto.

Il festival «Los 5 Días de El Dorado» [I cinque giorni di «El Dorado»], che celebra il lattonzolo e la cultura di Segovia e attrae ogni anno migliaia di turisti, si svolge annualmente a Segovia dal 2007.

Nel 2014 il «Cochinillo de Segovia» ha vinto il premio «Mejor Alimento» (il piatto migliore) ai «Premios del Campo» [premi campestri] organizzati da «El Norte de Castilla», il più antico quotidiano spagnolo.

Di recente il «Cochinillo de Segovia» è stato protagonista del primo episodio della sesta serie di MasterChef, popolarissimo programma prodotto dall’emittente televisiva pubblica spagnola RTVE, filmato in esterni ai piedi dell’acquedotto e trasmesso il 29 aprile 2018; in tale occasione i presentatori, famosi chef stellati Michelin, hanno ricordato le caratteristiche del prodotto.

Il «Cochinillo de Segovia» è incluso nell’«Inventario de Bienes del Patrimonio Cultural de Castilla y León» (Inventario dei beni culturali di Castiglia e Leon) quale prodotto che può essere considerato un «Bien de Interés Cultural» (bene di interesse culturale). Esso appare inoltre in vari cataloghi ufficiali di specialità gastronomiche di qualità: l’«Inventario Español de Productos Tradicionales» (Inventario spagnolo dei prodotti tradizionali) del ministero per l’Agricoltura, la pesca e l’alimentazione (1996) e l’«Inventario de Productos Agroalimentarios de Calidad de Castilla y León» (Inventario dei prodotti agroalimentari di qualità di Castiglia e Leon) del governo della comunità autonoma di Castiglia e Leon (2001).

A parte i recenti riferimenti alla reputazione della denominazione «Cochinillo de Segovia», il prodotto è stato menzionato numerose volte nel corso della storia.

Il primo riferimento al «Cochinillo de Segovia» risale alla metà del sedicesimo secolo: Il Comentario sobre la primera y segunda población de Segovia [Commento sul primo e sul secondo insediamento della città di Segovia], scritto da Garci Ruiz de Castro, contiene testimonianze del consumo di lattonzoli a Segovia verso la fine del quindicesimo secolo.

Il fatto che negli ultimi decenni del diciottesimo secolo si producessero lattonzoli nei dintorni di Segovia è confermato da Eugenio Larruga nell’XI volume delle sue Memorias [Memorie], in cui egli raccoglie dati sul consumo di «lechones» (lattonzoli) e riferisce che nella provincia di Segovia «si producono regolarmente 1 500 lattonzoli, ognuno dei quali vale 50 reales, per un valore totale di 75 000 reales. Il numero di capi allevati cresce ogni anno: nel 1787 ne sono stati prodotti 1 100, nel 1788 1 550 e nel 1789 1 920. Tutti i lattonzoli sono consumati nella provincia…».

Nelle sue memorie, intitolate Yo Cándido. Memorias del Mesonero Mayor de Castilla [Io, Cándido. Memorie del Primo ristoratore di Castiglia] (Flórez Valero J. A., 1987), Cándido ricorda di aver scoperto, durante la prima ristrutturazione del suo locale, un muro intonacato ricoperto da conti per piatti di lattonzolo e agnello arrosto, con la data: 1860.

Nel 1929 Dionisio Pérez, nella Guía del buen comer Español [Guida della buona cucina spagnola], un inventario della cucina tradizionale della Spagna e delle sue regioni, menziona il lattonzolo tra i principali prodotti della gastronomia segoviana: «Da Segovia … il lattonzolo arrosto …».

Più di recente, nel 1947, il fotografo Karl Wlasak scrisse una sentita lettera allo scrittore Camilo José Cela, che aveva accompagnato in un viaggio in Alcarria, confidandogli che «gli anni trascorsi in questa regione sono stati i più felici della mia vita. Le montagne e le città, ognuna delle quali aveva una caratteristica speciale, come Segovia con il suo lattonzolo arrosto…».

Sin dall’epoca d’oro dei grandi ristoratori Cándido e Duque, questo prodotto ha conosciuto una diffusione sempre più vasta. Cándido è stato il primo chef stellato della storia moderna, divenuto famoso come il «galán del NO-DO», il primattore dei cinegiornali NO-DO che venivano proiettati prima dei film in tutti i cinema spagnoli; Duque dal canto suo è comparso ripetutamente, dal 1972 fino all’ultimo episodio nel 2004, nel programma della RTVE «Un, dos, tres» [Uno, due, tre], seguito da quasi tutte le famiglie spagnole, nel quale portava sempre con sé un «Cochinillo de Segovia».

Riferimento alla pubblicazione del disciplinare

https://www.itacyl.es/calidad-diferenciada/dop-e-igp/listado-dop-agroalimentarias

(1) GU L 343 del 14.12.2012, pag. 1.

ELI: http://data.europa.eu/eli/C/2024/1438/oj

ISSN 1977-0944 (electronic edition)