Vertiginoso aumento dei malati di diabete
COPENHAGEN – Il diabete come l'aids. Un parallelo fatto sulla base dell'aumento vertiginoso del numero dei casi nel mondo, più che raddoppiato negli ultimi anni, e del numero dei morti (uno ogni 10 secondi). Evidenza che ha indotto i vertici della Federazione Internazionale del Diabete (IDF) a lanciare un allarme al mondo intero e a chiedere una risoluzione delle Nazioni Unite che induca i governi a prendere provvedimenti.
L'allarme arriva oggi da Copenhagen, primo giorno di lavori per l'annuale congresso dell'IDF, per bocca di Martin Silink, presidente eletto della federazione internazionale, che ha parlato di "catastrofe globale che colpirà, con effetti devastanti, soprattutto i Paesi in via di sviluppo". Solo pochi anni fa le previsioni al 2025 erano di 250 milioni di casi di diabete nel mondo. "Previsioni sbagliate – ha detto Silink – visto che già oggi siamo a quota 230 milioni, una cifra che nel 2025 è destinata a superare il livello di 350 milioni. Se non verrà presa alcuna misura per frenare questa pandemia – ha aggiunto – il numero totale delle persone diabetiche supererà le popolazioni degli Stati Uniti, del Canada e dell'Australia messe insieme". Ma, come per l'Aids, l'80% dei diabetici sarà nei Paesi in via di sviluppo, a basso reddito, dove la malattia avrà effetti devastanti.
Se ad esempio nei Paesi ricchi, come l' Italia, strumenti come il glucometro per misurare il tasso di zucchero nel sangue sono oggi alla portata di tutti, già in Tunisia non é così e man mano che si scende nel continente africano salvare la vita a un diabetico diventa problematico. Già oggi più di tre milioni di morti nel mondo sono direttamente imputabili al diabete, e un numero ancora più grande di persone muore in seguito alle malattie cardiovascolari aggravate da problemi di dislipidemia e ipertensione arteriosa legati al diabete. Tanto che è stato calcolato che di diabete e delle malattie correlate muore una persona ogni 10 secondi.
A lanciare l' appello per una risoluzione dell'ONU è stata per prima la Repubblica Popolare del Bangladesh, la cui popolazione è più portata a sviluppare la malattia per motivi genetici: in alcune zone del continente indiano, gli abitanti, anche se magri, hanno le stesse possibilità di diventare diabetici che ha un europeo sovrappeso o obeso. Molte tra le società di diabetologia del mondo hanno raccolto l'appello del Bangladesh. "Tra queste, 'Diabete Italia' – come ha affermato il diabetologo Riccardo Vigneri di Catania, ai vertici dell' associazione – il cui prestigio è tale che, se riuscirà a coinvolgere il governo italiano nell'iniziativa, questo farà da elemento trascinatore per ottenere l'adesione di altri Paesi (anche la Gran Bretagna si sta mobilitando) nel chiedere con più forza la risoluzione delle Nazioni Unite".
Ma qual è la situazione del diabete in Italia? "Oggi, oltre tre milioni di italiani ne sono affetti – ha detto Vigneri precisando che si parla del diabete di tipo 2, alimentare – ma almeno un altro milione è diabetico senza sapere di esserlo. Perché la glicemia elevata, all'inizio non provoca disturbi, perciò è possibile essere diabetici senza accorgersene. Col passare del tempo, però l' innalzamento della glicemia danneggia reni, occhi, arterie, nervi, cuore. E tutto questo può essere fermato con pochi, semplici mezzi. Ma bisogna scoprire il diabete per combatterlo".
Che cosa potrebbe chiedere l'ONU ai Paesi del mondo? "Innanzitutto, una maggiore attenzione alla malattia, facendo in modo che venga definita 'malattia sociale' e possa godere di corsie preferenziali per la ricerca, la prevenzione e la cura". E l'Italia cosa può fare di più? "Una vera politica della prevenzione – per il diabetologo catanese – non può prescindere da direttive tendenti a correggere lo stile di vita, magari tassando i cibi ad alta densità calorica e basso potere nutritivo (come le bibite zuccherate), promuovendo l'attività fisica (stadi e campi da tennis gratuiti), riducendo gli spot alimentari rivolti ai bambini davanti alla tv".
Fonte: ANSA