L’intelligenza nascosta del nostro intestino, un dialogo silenzioso con il cervello
La scienza svela i segreti della comunicazione tra microbiota e sistema nervoso, aprendo nuove frontiere nella cura dei disturbi neurologici. Una rivoluzione che nasce dalla ricerca italiana
Per decenni il nostro intestino è stato considerato un “semplice” tubo digerente, relegato al ruolo di forgia dei nutrienti. Oggi sappiamo che questo organo custodisce un universo di microrganismi — il microbiota — che dialoga costantemente con il sistema nervoso centrale, plasmando umore, funzioni cognitive e perfino la risposta alle crisi epilettiche. “Il nostro obiettivo”, spiega il prof. Tommaso Pizzorusso, ordinario della Scuola Normale Superiore, “è dimostrare che le alterazioni intestinali non sono un effetto collaterale, ma un tassello attivo nella genesi di disturbi neurologici” .
È su questa sorprendente connessione che si sta concentrando un ambizioso filone di ricerca del Tuscany Health Ecosystem, unico progetto PNRR interamente dedicato alle scienze della vita. Al centro di questa avventura c’è un disturbo genico rarissimo, causato dalla deficienza dell’enzima CDKL5, che colpisce una neonata su 40.000, provocando epilessia refrattaria, ritardo cognitivo e motorio, insieme a disturbi gastrointestinali finora misteriosi. “Le famiglie delle bambine affette avevano annotato da tempo disturbi addominali ricorrenti: un dettaglio che, a prima vista, poteva sembrare secondario rispetto alla tragedia neurologica. E invece si è rivelato lo spunto decisivo per scoprire che una disbiosi intestinale — uno squilibrio nell’ecosistema batterico — contribuisce in modo significativo al peggioramento dei sintomi”, sottolinea la dott.ssa Paola Tognini, ricercatrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Lo studio, pubblicato di recente su Cell Reports, è il frutto di una collaborazione multidisciplinare e internazionale: la Scuola Superiore Sant’Anna (Centro Interdisciplinare di Scienze della Salute), la Scuola Normale Superiore (Laboratorio di Biologia), l’Università di Pisa, il CNR e il Max Planck Institute di Berlino hanno unito competenze per indagare il legame tra microbiota e sintomi neurologici.
Nei laboratori pisani, il viaggio dal corpo umano al modello murino ha confermato la forza di questa ipotesi. Nei topolini “CDKL5-knockout” la composizione del microbiota appare deviata già nelle prime fasi post-natali, proprio laddove cominciano a manifestarsi le crisi epilettiche e i deficit comportamentali. Manipolando i batteri intestinali con antibiotici, e ancor più suggestivo, con il “trapianto fecale” ossia trasferendo il microbiota di un animale sano a uno malato, gli studiosi hanno osservato un vero riallineamento delle risposte neuronali e una riduzione significativa delle crisi.
Non è solo una vittoria teorica
Se confermato in contesti clinici, questo approccio potrebbe rivoluzionare la terapia di malattie neurologiche rare e non: dall’autismo, dove già oggi si sperimentano probiotici mirati, fino alle demenze e agli stati depressivi. La vera sfida sarà tradurre in sperimentazione umana questi risultati, superando ostacoli logistici e soprattutto finanziari. Le associazioni di genitori si sono già fatte avamposto, fornendo campioni e testimonianze indispensabili. Ma senza un sostegno pubblico e privato duraturo, l’onda di innovazione rischia di infrangersi prima di raggiungere le sale cliniche.
Il merito di questa frontiera italiana è duplice: da un lato, confermare la centralità del nostro paese nella ricerca sulle neuroscienze e le malattie rare; dall’altro, fornire un paradigma nuovo di medicina “ecosistemica”, che non si limiti a contrastare i sintomi ma punti a rimodellare l’ecosistema biologico dell’organismo. “Curare significa ripristinare le connessioni — non solo farmacologiche o chirurgiche — ma anche nutrizionali e comportamentali“, ricorda Pizzorusso. In quest’ottica, il termine “cura” assume un significato più ampio: strategie nutrizionali, stili di vita e, perché no, un ritorno alle stagioni — a una dieta varia, ricca di cibi naturali e locali — per rafforzare un microbiota che, come un’orchestra, suona in armonia con il nostro cervello.
Il Tuscany Health Ecosystem ha sfruttato una finestra storica — i fondi PNRR — per costruire una rete di competenze d’eccellenza. Ora serve guardare oltre la scadenza di quei finanziamenti. È urgente creare un ponte fra università, ospedali, industrie biotecnologiche e terzo settore, affinché ogni dato di laboratorio trovi un percorso organizzato verso il letto del paziente. Solo così la nostra ricerca potrà trasformarsi in un volano economico e in una speranza concreta per migliaia di famiglie.
In fondo, la scoperta dell’asse intestino-cervello insegna che il corpo umano non è un insieme di compartimenti isolati, ma un ecosistema integrato. Curare significa ripristinare le connessioni e riconoscere che la salute del cervello passa anche attraverso la ricchezza dei batteri intestinali. Se sapremo portare questa lezione in politica sanitaria, ridefiniremo non solo la cura delle malattie, ma il modo stesso di pensare la medicina del futuro.
Fonte: wired.it