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L’EFSA giudica le false affermazioni sugli alimenti

"Difende il cuore". "Riduce il colesterolo". "Aiuta a perdere peso". "Evita l'ipertensione". Irresistibili questi annunci sirena. Fanno capolino su una confezione di yogurt, su una busta di patate, su un'aranciata. Basta allungare una mano e mangiando ci si cura: fantastico. Peccato che sia falso. Non sempre ma spesso. Quattro volte su cinque per l'esattezza. Lo dice l'Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare che ha bocciato l'80 per cento dei 400 prodotti controllati.

L'ente nato per vigilare sulla sicurezza della nostra tavola ha iniziato la sua lunga marcia tra gli oltre 4 mila prodotti alimentari che annunciano prestazioni mirabolanti. Stando alle etichette, si ha quasi la sensazione di poter guarire a tavola: un menu composto da un purè di patate arricchite al selenio, una verdura innaffiata con olio migliorato da vitamine liposolubili e uno yogurt animato da fermenti probiotici sembra sostituire un giro in farmacia. Secondo gli esperti europei però queste speranze sono spesso mal riposte.

Un colpo pesante per un settore in piena espansione che, secondo i dati di Federsalus, conta 1.200 aziende con 25 mila dipendenti. Un settore in corsa verso la "nutraceutica", una nuova frontiera che vuole far saltare la distinzione tra cibo e medicina creando prodotti con caratteristiche miste, metà farmaci metà alimenti: si va dai pomodori ricchi di antiossidanti all'olio d'oliva ritoccato per chi ha problemi cardiaci al riso con aggiunta di ferro, passando per il latte artificiale che immunizza i bambini come quello vero.
Il pollice verso dell'Efsa rischia di avere ripercussioni visibili. E infatti l'Aiipa, l'associazione italiana industrie prodotti alimentari, è subito passata alla controffensiva: "I problemi nascono perché si sono adottati nel campo nutrizionale criteri scientifici messi a punto per la ricerca farmacologica. Le industrie del settore si sono trovate così di fronte a difficoltà che rischiano di bloccare gli investimenti necessari alla ricerca e all'innovazione". Un parere condiviso da Federchimica, che difende le categorie degli alimenti arricchiti e degli integratori alimentari a cui fornisce i principi attivi.

L'Europa però sembra frenare la visione medicamentale dell'alimentazione. Anche le ultime due scelte vanno in questa direzione. Da una parte Bruxelles ha bocciato l'idea di mettere un semaforo sulle etichette per segnalare con un rosso o con un verde la bontà del prodotto in termini di grassi, zuccheri e sali: "rischiano di indurre il consumatore in errore convincendolo che ci sono cibi buoni e cibi cattivi" dimenticando che essenziale è la dose e lo stile di vita. Dall'altra la commissione Ambiente e salute del Parlamento europeo ha deciso di inserire sull'etichetta di carni, formaggi e frutta il luogo di provenienza.

"Il rafforzamento delle indicazioni sulle etichette è un passo avanti importante", commenta il sottosegretario alle Politiche agricole Antonio Buonfiglio. "Gli integratori alimentari non vanno demonizzati, sono una frontiera interessante, anche se bisogna garantirsi da un uso fraudolento dei termini. Ma il futuro del settore agricolo sta nei prodotti di qualità e nella capacità di aumentare i livelli di certificazione". Più netto il parere di Mauro Rosati, segretario della Fondazione Qualivita che cura l'atlante dei prodotti dop e igp: "I cibi – farmaci sono esattamente quello che non ci serve. Abbiamo bisogno di prodotti tradizionali, legati al territorio e capaci di arrivare in tutte le case. E anche di una politica del cibo che scavalchi le varie caselle burocratiche per puntare sul rilancio degli alimenti con il marchio legato al territorio, quelli che danno le maggiori garanzie".