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Il pomodoro cinese non “passa” in Italia

L'aumento del 5 per cento in valore delle importazioni di prodotti agroalimentari dalla Cina che nel 2006 sono state pari a 430 milioni di euro dimostra l'importanza di un sistema di controllo efficace per evitare la presenza sul mercato nazionale di prodotti taroccati o con elevati rischi sanitari.
E' quanto afferma la Coldiretti nel commentare positivamente l'operazione condotta dalla Guardia di Finanza a Napoli su una serie di illeciti riguardanti l'importazione di merce via mare dalla Cina.
Quasi la metà (46 per cento) delle notifiche di rischio per la sicurezza alimentare comunicate dagli Stati dell'Unione Europea riguardano – sottolinea la Coldiretti – prodotti importati da Paesi extracomunitari come la Cina e respinti alle frontiere dell'Unione perché ritenuti dannosi per la salute sulla base del rapporto annuale sul sistema di allerta rapida per le derrate alimentari e per gli alimenti per gli animali (RASFF) pubblicato dalla Commissione Europea. In Italia le importazioni di prodotti agroalimentari dalla Cina hanno riguardato – sottolinea la Coldiretti -principalmente derivati del pomodoro, legumi secchi, funghi e tartufi essiccati e altri ortaggi sottaceto, ma valori consistenti riguardano anche le mele e altri prodotti come la carne di pollo sequestrata per il rischio di salmonella.
Si tratta di una situazione che va affrontata con misure per garantire la trasparenza delle informazioni come l'etichettatura di origine che, resa obbligatoria grazie alla mobilitazione della Coldiretti, ha fatto dimezzare nel 2006 le importazioni di pomodoro concentrato dalla Cina destinato a essere mischiato con quello italiano e “spacciato” come Made in Italy sul mercato internazionale. Dopo anni ininterrotti di forte crescita, le importazioni di pomodori conservati dalla Cina sono – sottolinea la Coldiretti – drasticamente crollate dai 98 milioni di chili del 2005 ai 58,5 milioni del 2006, con un calo percentuale del 40 per cento. Un esempio concreto di come la trasparenza dell'informazione rappresenti una tutela del mercato nei confronti di truffe e contraffazioni, ma anche da problemi per la salute per alimenti trasportati per migliaia di chilometri da un Paese come la Cina con regole sanitarie profondamente diverse da quelle nazionali. Occorre pertanto accelerare il percorso intrapreso a livello comunitario anche con l'estensione a tutti i prodotti alimentari dell'obbligo (già in vigore nella UE per carne bovina, uova, miele, ortofrutta fresca) di indicare nelle etichette l'origine della componente agricola impiegata per ridurre i rischi e favorire i controlli per assicurare il rispetto di adeguati standard socio ambientali anche nelle produzioni importate. Un obiettivo a favore del quale si è espresso recentemente il parlamento nazionale con il sì unanime e bipartisan al ripristino delle norme sull'etichetta d'origine degli alimenti della Legge n.204 del 3 agosto 2004 approvata con il consenso di un milione di firme alla proposta di legge di iniziativa popolare promossa dalla Coldiretti. A sostegno della legge è stato lanciato un appello da Slow Food e Coldiretti ai parlamentari italiani con l'avvio di una campagna di raccolta firme che le due organizzazioni condurranno all'interno dei loro corpi associativi e non solo e che mira all'ambizioso obiettivo di 3 milioni di firme.

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