Forum dell’EFSA a Berlino sull’utilizzo della "genomica" in campo alimentare
Il futuro della sicurezza alimentare passa per la genomica, perché la conoscenza del patrimonio genetico di chi è affetto da malattie particolari può rendere la valutazione dei rischi sempre più personalizzata.
Parola del professor Alberto Silano, capo del dipartimento della Tutela della salute umana, della sanità pubblica veterinaria e dei rapporti internazionali del Ministero della Salute italiano e anche Presidente del Comitato scientifico dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che ha da poco aperto la sua sede permanente a Parma.
«Per la sicurezza dei cibi — spiega — dovrà valere sempre di più lo stesso discorso che viene fatto sui farmaci: conoscere le caratteristiche genetiche delle persone aiuta a realizzare farmaci più mirati.
Del resto, la tossicogenetica viene già oggi utilizzata dalla farmacogenomica».
«La valutazione dei rischi alimentari legati alla presenza di sostanze nocive nei cibi, si è sempre e solo focalizzata sui singoli agenti — spiega il professor Victor Feron, dell'Università olandese di Utrecht — ma gli individui sono esposti quotidianamente a più di un agente chimico contemporaneamente: ecco perché d'ora in poi sarà sempre più importante parlare di tossicologia incrociata».
Così come sarà importante considerare il mix rischi-benefici prima ancora che i singoli pericoli nascosti negli alimenti.
«Questo approccio — chiarisce il professor Silano — diventa fondamentale alla luce della crescente attenzione agli agenti tossici che oggi è possibile portare avanti grazie all'uso quotidiano di tecnologie avanzate per la ricerca, come la spettrometria di massa o le analisi chimiche sempre più raffinate di cui disponiamo».
Insomma, è sempre più facile trovare, nell'ambiente così come nei campi, tracce anche piccole di sostanze dannose, e questo può terrorizzare oltremisura il consumatore.
Ma non sempre rinunciare a un determinato alimento per paura dei rischi che questo comporta, sarebbe il comportamento migliore.
«Prendiamo il caso del pesce — spiega Silano : da un lato è noto che riduce il rischio di disturbi coronarici, ma dall'altro è stato più volte dimostrato che può essere contaminato da sostanze tossiche come le diossine o il metilmercurio, entrambe dannose per il sistema nervoso".
Che fare, dunque? Ebbene, gli ultimi studi presentati qui a Berlino mostrerebbero che per un adulto nutrirsi di pesce più volte alla settimana è comunque conveniente, mentre per una donna incinta è più opportuno limitarsi a una sola volta alla settimana, magari rinunciando ai pesci più grandi come il pesce spada, che in quanto predatori rischiano di contenere percentuali più alte di queste due sostanze tossiche».
Lo stesso principio, sostiene Silano, vale per l'acido folico, che per le donne intenzionate ad avere un figlio è fondamentale per ridurre il rischio di difetti neurali nel nascituro, ma che invece negli anziani potrebbe impedire di diagnosticare una deficienza neurologica. Sì all'acido folico solo quando serve, dunque.
Il compito principale dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare è quello di rilasciare pareri scientifici in tema di sicurezza alimentare a 360 gradi, dal morbo della mucca pazza agli additivi nei cibi, in modo che le istituzioni UE e quelle nazionali adottino le opportune normative.
I temi più caldi per il 2005? «Senza dubbio la contaminazione del pesce — risponde Silano, nella sua veste di presidente del Comitato scientifico, la presenza di diossine negli alimenti coltivati in terreni contaminati dalle discariche, i virus che colpiscono gli animali e che mutano in continuazione e, ovviamente, gli organismi geneticamente modificati».
Una gragnola di colpi, questa, che rischia di disorientare il consumatore. «Ma i cittadini di oggi — ribatte Silano — sono anche sempre più protetti dalle normative europee. Quella sulla tracciabilità alimentare, ad esempio, ci aiuta in questo: oggi il consumatore trova sull'etichetta degli alimenti confezionati tutte le indicazioni sulla loro provenienza, compreso il numero del lotto di produzione, e può scegliere con più consapevolezza".
"E se è vero che analisi sempre più sofisticate ci consentono di individuare molte più tracce di sostanze dannose, questo non deve allarmare troppo. Quello che conta è la quantità: la percentuale di inquinanti presenti negli alimenti è di gran lunga molto meno preoccupante di quella presente nell'aria che respiriamo».
Fonte: "Il Sole 24 Ore"