Formaggi a indicazione geografica: Italia 1° in Europa
Grazie all'industria
Assolatte: Expo ha ospitato l’assemblea mondiale delle Indicazioni Geografiche, un modello unico al mondo per tutelare e promuovere le eccellenze tipiche.
Un sistema nato in Italia nel 1951 per volere dell’industria lattiero-casearia.
Come si presenta nel terzo millennio il sistema delle Indicazioni Geografiche? Quali sfide lo attendono nel
futuro? E quali ostacoli deve superare per affermarsi a livello internazionale? Sono questi i grandi temi che
saranno affrontati oggi a Expo in occasione dell’assemblea mondiale delle Indicazioni Geografiche.
All’evento partecipano esperti provenienti da tutto il mondo, esponenti delle istituzioni e rappresentanti
dell’industria (e di quello lattiero-casearia, in particolare), il cui ruolo è stato determinante per la nascita, lo
sviluppo e il consolidamento di questo modello che coniuga territorio, origine, qualità e identità.
Senza l’industria non esisterebbe il sistema europeo delle denominazioni d’origine protetta, che è nato in
Italia nel 1951 con la sottoscrizione della Convenzione di Stresa di cui Assolatte fu sostenitrice e prima e
unica firmataria per l’Italia. E’ da questo decisivo accordo internazionale che si è arrivati, nel 1954,
all’emanazione della prima legge italiana di tutela dei formaggi a denominazione d’origine. Quindi,
sottolinea Assolatte, è stata l’industria italiana, in anticipo sui tempi e in anni in cui ben pochi
mostravano sensibilità per questi temi, a mettere in cassaforte i formaggi della grande tradizione
casearia. E a far sì che l’Italia sia lo Stato europeo con il maggior numero di prodotti caseari a
denominazione d’origine: infatti, a tutt’oggi, ben 51 formaggi italiani si fregiano della DOP.
Senza l’industria non sarebbero nati i Consorzi di tutela dei formaggi d’origine protetta. E’ stata, infatti,
Assolatte l’artefice della costituzione dei principali Consorzi di tutela, gli organismi a cui compete la difesa
dei prodotti tipici.
Senza l’industria buona parte delle grandi tradizioni casearie italiane, legate alla cultura del territorio,
sarebbero andate perse e molti formaggi tipici dalla lunga storia – come il Canestrato Pugliese, il Pecorino
di Picinisco, la Ricotta Romana, il Salva Cremasco e lo Squacquerone di Romagna – sarebbero ormai
ridotti a vere e proprie rarità. L’industria ha salvato dall’estinzione la tradizione casearia italiana e l’ha
traghettata attraverso nuovi contesti di consumo, coniugandola con la modernità e arricchendola con
contenuti di servizio che rispondono alle mutate esigenze dei consumatori. Lo dimostra il successo di
vendita di prodotti innovativi, come i formaggi stagionati già grattugiati, i formaggi tipici preaffettati e quelli
proposti in versione snack, perfetti per un consumo on-the-go.
Senza l’industria i grandi formaggi italiani – come il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano, il Gorgonzola
e il Taleggio, il Pecorino Romano e il Pecorino Sardo, il Provolone Valpadana e l’Asiago, la Mozzarella di
bufala campana e il Montasio – non avrebbero conosciuto la fama internazionale che stanno incontrando
in tutto il mondo, dove sono considerati prodotti top per qualità, gusto e sicurezza. L’industria ha
perfezionato il saper fare artigiano tipico del nostro Paese e lo ha fatto conoscere in tutto il mondo. Oggi i
formaggi italiani arrivano in 112 Paesi e, solo nel primo semestre 2015, l’industria casearia italiana ha
esportato oltre 173.000 tonnellate di formaggi, di cui il 24% sono stati inviati nei Paesi extra-Ue. Rispetto al
primo semestre 2014, l’export caseario italiano è cresciuto complessivamente dell’1,7% in volume con un
ottimo +6,5% registrato nei Paesi extra-comunitari.