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Donne e giovani, le nuove”tribù” dei consumatori di vino

Dimmi cosa e come bevi e ti dirò chi sei.
È questo il nuovo slogan che guida gli osservatori del consumo di vino. I target classici sembrano non reggere più – e se ne ha una prova alla quarantesima edizione di Vinitaly, la manifestazione enologica leader mondiale in programma dal 6 al 10 aprile 2006 – perché oggi si affacciano sul mercato le “tribù”.
Sono gruppi omogenei per stile di vita che non bevono più associando il vino al pasto quotidiano, ma lo eleggono a testimone dei momenti di relazione.
Una rivoluzione che riguarda soprattutto i giovani (sono in prevalenza gli universitari i più attenti consumatori) e le donne, che hanno acquistato una totale indipendenza dai maschi nella scelta delle bottiglie. Così, mentre si contrae il consumo familiare (sono il 43% delle famiglie italiane che acquistano vino con una spesa media mensile di 32 euro), cresce il consumo individuale e per gruppi.
La maggiore impennata sia ha tra i giovani che all’82% dichiara di avere una forte propensione all’acquisto di vino e tra le donne che al 32% si dichiarano pronte a bere una bottiglia con le amiche, mentre gli anziani, sia per ragioni di reddito che per ragioni legate alla salute e allo stile di vita, sono una platea di consumatori in contrazione: il numero di coloro che si dichiara propenso all’acquisto è calato di oltre il 25%.
Vi è anche una mutazione nella geografia dei consumi: se chi spende di più per comprare vino abita nel Nord-Ovest del Paese, chi incrementa la frequenza di acquisto abita nel centro dell’Italia.
I giovani consumano di preferenza il vino come aperitivo o come elemento di aggregazione. Prevalentemente si orientano su vini rossi, strutturati, di territorio e sembrano poco attratti dai vini che provengono dal Nuovo Mondo. Sono consumatori che non bevono abitualmente, hanno frequenza di rapporto con il vino che va da una a tre volte a settimana e consumano più frequentemente vini riconoscibili.
Il prezzo è una relativa barriera: il loro consumo si orienta soprattutto su bottiglie che hanno un “nome” o che fanno tendenza, purché abbiano un concreto rapporto con la territorialità. Di preferenza bevono i vini della loro regione di appartenenza. Ma anche l’universo giovani può essere diviso in due clusters: da una parte i cosiddetti “edonisti”, dall’altra ci sono i “conoscitori”, quelli cioè che assegnano al vino un valore culturale. A testimoniare il successo del vino tra i giovani è anche la crescente domanda di approfondimento in corsi di degustazione, ma anche master universitari indirizzati alla conoscenza del concetto più ampio di ruralità.
La fascia d’età d’ingresso nel consumo del vino è stimata attorno ai 20 anni.
Altro gruppo importantissimo di consumo sono le donne.
L’età d’ingresso al consumo di vino è anche per questo cluster attorno ai 20 anni, ma differenziazione di consumo rispetto ai maschi si ha dopo i 30 anni.
Le donne bevono vino soprattutto per piacere. Prediligono i vini fruttati (sono tra le più forti consumatrici di spumanti), di una certa immediatezza e hanno una forte propensione all’apprendimento delle tecniche di degustazione (sono le protagoniste del boom dei corsi di degustazione). Vedono il vino come elemento di socializzazione e stanno assumendo un ruolo decisorio nelle opzioni. Non si fanno più guidare dagli uomini nella scelta della bottiglia al ristorante, ma spesso usano il vino come elemento di confidenza e come innesco della comunicazione interpersonale. Hanno infatti un atteggiamento “relazionale” con il vino.
Resta appannaggio delle donne il consumo di vini bianchi come frequenza di scelta, anche se se nel momento in cui si accostano al rosso chiedono vini di buona struttura, molti riconoscibili, di ampio bouquet ed eleganti.
Al contrario dei giovani sembrano meno sensibili al legame con il territorio, ma anzi hanno una propensione all’esplorazione. È comunque uno stile di consumo profondamente diverso da quello che si ha nei maschi adulti, che restano i principali consumatori, ma per i quali il consumo di vino è meno dettato da spinte emotive e conoscitive, quanto piuttosto dall’abitudine.

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