Notizie

Cavallette, grilli e locuste: dai Balcani arrivano nuove specie

Uno studio dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige ha analizzato la popolazione degli “ortotteri” in Trentino.
Cavallette, grilli e locuste: dai Balcani arrivano nuove specie che aumentano nei prati e nei boschi, mentre diminuiscono nelle paludi, lungo i fiumi e le rive sabbiose.
Nel 1866 le specie di ortotteri rinvenute dal noto naturalista ed entomologo trentino Ruggero Cobelli, dopo aver condotto una serie di campagne di raccolta in tutto il territorio della provincia, risultavano 66; oggi il loro numero è salito a 105 in seguito all’ondata migratoria proveniente dai territori balcanici e dalle regioni appenniniche. Stiamo parlando di cavallette, grilli e locuste, incluso il noto Gryllus campestris che, nella famiglia degli ortotteri, è sicuramente quello a noi più familiare, dato che il suo canto allieta le calde sere d’estate (foto).
Tutte queste specie sono state analizzate dall’Istituto Agrario di San Michele all’Adige nell’ambito del progetto DIVORTO (Studio delle comunità di ortotteri in ecosistemi forestali del Trentino in relazione alle diverse modificazioni ambientali), finanziato dal Fondo Unico della Provincia autonoma di Trento e appena concluso dopo tre anni di attività.
In base allo studio, che ha campionato 165 stazioni di rilevamento distinte tra loro per quota, versante e tipo di ambiente, le specie di ortotteri risultano più abbondanti nei prati, nei pascoli e nelle radure boschive; meno numerose, invece, nelle zone paludose, come sul lago di Loppio, nelle paludi di Tenno e Volano, sulle sponde dei fiumi e lungo le rive sabbiose (torrente Vanoi, torrente Avisio, lago di Cei) e nelle praterie alpine, come sul Lagorai, nel gruppo delle Maddalene o sul monte Pasubio. Cresce, parallelamente, la presenza di ortotteri nelle zone aride, steppose e in corrispondenza dei pendii sassosi, come alle Marocche di Dro o in Vallarsa.
Per citare qualche esempio, la “Locusta delle torbiere” (Stethophyma grossum), una piccola cavalletta dai vivaci colori verde e giallo, tipica delle zone fortemente umide, è oggi una delle specie di ortotteri più rare (foto), così come abbastanza insolito è scovare lo “Sphingonotus caerulans” facilmente riconoscibile per la caratteristica colorazione azzurra delle ali, che trova nelle rive dei fiumi il suo habitat principale. Se le specie tipiche di ambienti umidi o freddi vanno diminuendo, aumentano invece quelle tipiche di ambienti più aridi e secchi, come l’Oedipoda caerulescens, che si adatta molto bene ai terreni aridi, sassosi e ben assolati.
La variazione della biodiversità degli ortotteri con la conseguente diminuzione di alcune specie e aumento di altre –spiegano i ricercatori dell’Unità ecologia e fisiologia forestale dell’Istituto Agrario – è un indice delle modificazioni ambientali. Se da un lato si ritiene normale che ci sia un turnover delle specie, dall’altro si attribuiscono le cause della scomparsa di alcune di loro alla bonifica delle aree paludose risalente al secolo scorso e al riscaldamento del clima.