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“Bere il Territorio” X Edizione

Concorso Letterario Nazionale
"Le generazioni attorno al vino"

Il bando di concorso scade il 28 febbraio 2011

Mancano poche settimane alla scadenza del Bando di concorso della decima edizione di “Bere il Territorio”, il concorso letterario nazionale promosso dall’associazione Go Wine.
Sono molte le iniziative in corso per promuovere questa iniziativa culturale che intende contribuire in modo concreto a far crescere la cultura del consumo dei vini di qualità, guardando ad un consumatore sempre più consapevole sia nelle scelte, sia nell’attribuire il giusto valore e significato ad una bottiglia di vino.
Dal Piemonte alla Sardegna, con due puntate in Campania, studenti e appassionati si incontrano in convegni per presentare l’iniziativa e discutere i temi che caratterizzano il Bando di concorso.
Appuntamenti in cui al tavolo dei relatori si sono alternati docenti, ricercatori scientifici, agronomi e tecnici del vino: il tema di un corretto consumo del vino e la valorizzazione di questo prodotto non costituisce più e soltanto un fatto promozionale e divulgativo.
Negli ultimi anni si è molto parlato di sicurezza stradale, di rischi nell’eccesso del consumo e, più in generale il settore ha rischiato di perdere posizione per una comunicazione che ha spesso portato a confondere il vino con i superalcolici e, comunque, a banalizzare un lavoro importante che in questi anni è stato fatto per dare al vino ed alla realtà rurale un rinnovata dignità.
“Bere il Territorio” oggi si propone una sorta di nuova mission: quella di valorizzare, attraverso la cultura e lo scrivere il valore aggiunto che il vino porta con sé e che costituisce l’elemento che lo distingue da qualsiasi altra bevanda: prodotto della terra, di un territorio da conoscere e …da bere.

I testi dovranno pervenire entro il 28 febbraio 2011 presso la sede nazionale di Go Wine in Alba; la cerimonia di premiazione è prevista sabato 26 marzo 2011.

In allegato il BANDO DI CONCORSO.
Il Premio “Vino d’Autore” a Gian Luigi Beccaria

E’ in programma per giovedì 10 febbraio la serata in onore di “Bere il Territorio” a Torino, e si svolgerà presso l’elegante sala Oro del Golden Palace Hotel***** (via dell’Arcivescovado, 18 Torino) a partire dalle ore 18.30.
Durante la serata, per il quarto anno, verrà consegnato il premio speciale “Vino d’Autore”, riservato allo scrittore che, nella narrativa delle sue pubblicazioni, ha dedicato riferimenti al vino ed ai territori del vino.
Ospite d’onore della serata a cui sarà assegnato il premio speciale è lo scrittore Gian Luigi Beccaria che verrà intervistato dal giornalista Bruno Quaranta, del quotidiano La Stampa-Tuttolibri.
La serata proseguirà a partire dalle 19,30 e fino alle 22,00 con il banco d’assaggio durante il quale sarà possibile degustare una selezione delle più prestigiose etichette delle aziende e realtà vinicole italiane che compongono il Comitato Sostenitore del concorso.

Gian Luigi Beccaria:
Si laurea a Torino in glottologia nel 1959 con Benvenuto Terracini. Insegna in Spagna all'Università di Salamanca dal 1960 al 1963, quindi a Torino dove dal 1970 è professore ordinario di Storia della lingua italiana. È membro dell'Accademia della Crusca. Collabora come linguista e critico con varie riviste e con il quotidiano La Stampa (per Tuttolibri cura la rubrica Parole in corso) ed ha partecipato a trasmissioni televisive (per anni, in qualità di giudice-arbitro, ha partecipato alla trasmissione di Luciano Rispoli, Parola mia su RaiTre). Ha pubblicato nel 2009 con Garzanti “Misticanze, parole del gusto, linguaggi del cibo".

Il comitato sostenitore del Concorso

Sostengono la X° edizione del Concorso Letterario Nazionale "Bere il Territorio" la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, da sempre partner del progetto, e un Comitato Sostenitore di aziende vinicole italiane, composto da:

Aglianica Associazione Culturale – Rionero in Vùlture (Pz);
Antica Distilleria Sibona – Piobesi d’Alba (Cn);
Bisol Desiderio & Figli – S. Stefano di Valdobbiadene (Tv);
Consorzio Tutela Vini Soave e Recioto di Soave – Soave (Vr);
Consorzio Tutela Lugana – Peschiera del Garda (Vr);
Donnafugata – Marsala (Tp);
Emo Capodilista – La Montecchia – Selvazzano Dentro (Pd);
Gostolai di Arcadu Giov. Antonio – Oliena (Nu);
Montalbera – Castagnole Monferrato (At);
Redaelli De Zinis – Calvagese della Riviera (Bs);
Vietti – Castiglione Falletto (Cn);
Ciccio Zaccagnini – Bolognano (Pe).

Estratto dell'elaborato "Racconto di Notte", di Marco Volpe
Vincitore sezione generale over 30 – IX° edizione

"Sto seduto alla scrivania, pigio sulla tastiera del portatile nuovo e sorseggio a intervalli irregolari un rosso corposo da tredici gradi e mezzo. Dalla finestra dello studio, quello che vedo è uno spicchio di luna sbilenca e il solito pezzo di strada con gli alberi da un lato e le prostitute dall'altro.
Gli alberi sono sette e le prostitute, stasera, due, distanziate di pochi metri. La più vicina ogni tanto mi guarda. Io non chiudo mai le tendine: le donne vedrebbero comunque la luce e mi sembrerebbe di spiarle. Preferisco essere scoperto come sono nude loro. Sono sveglio- è come se dicessi- e sono qui, e scrivo, e bevo vino, e ogni tanto vi guardo.
E come me e le prostitute, è vivo e sveglio un tipo sulla cinquantina che si avvicina alla più giovane e si mette a parlottare. Discutono del freddo e della notte, immagino, e di sonno e di vino; non parlano di soldi né di sesso. La strada è semibuia e il giorno che se ne è andato, a misurarlo, distante esattamente quanto quello che arriverà. Dopo qualche minuto, i due si allontanano sotto braccio e scompaiono dal mio pezzo di strada. Io continuo a pensarli: un uomo di cinquant'anni che va a prostitute ma ci va a piedi, e una donna che di anni ne avrà trenta e fa quel mestiere lì, ma quando l'avvicini ti domanda se hai freddo e se ti piace il vino.
Entrano in una specie di taverna che apre al tramonto e chiude all'alba. L'uomo ordina una bottiglia da tre quarti di litro e qualcosa da mangiare. Siedono.
Da ragazzo lo chiamavano "il frate", perché a venticinque anni gli erano spuntati in testa tre quarti di quella chierica naturale che adesso è poco più che una mezzaluna. Si è guadagnato da vivere e da bere facendo tutti i mestieri del mondo; in più è un pittore mancato e un mezzo filosofo, e ogni tanto chiede la carità.
Lo immagino muovere le mani e parlare disinvolto: ha un tatuaggio sul bicipite destro e la pipa, come Braccio di Ferro, ma questo non vuol dire che conosca il mare. Invece sa tutto di lune e di vini, di quando potare le viti e di come legarle perché inseguano il sole, di quanto il barolo sia più robusto del chianti e però meno fruttato, della distanza infinita tra un nero d'avola e un barbera.
Gli anni più belli e pieni della sua vita li ha passati a Parigi, dipingendo la Tour e la Seine, da tutte le angolazioni possibili più alcune che non esistono neppure. Lì, ha conosciuto l'amore che ti porti appresso più o meno per sempre, oltre a vari amoretti trasparenti di quelli che invece servono solo a tenerti vivo e arrabbiato. Per andar dietro a uno di questi, ha finito col lasciare Parigi e i quadri. È stato in Germania, Vienna, Milano. Altri mestieri e altri amoretti. Finché è capitato in questo posto qui di provincia, come per caso, ottantamila anime e la campagna intorno, niente a che vedere con Parigi ma il vino è buono.
Lei sta lì ad ascoltarlo incantata, persa a seguire i movimenti di quella barba grigia e ruvida che spostandosi su e giù racconta storie verissime o inventate bene. E ogni tanto l'uomo dice qualcosa di comico e si ferma, e allora lei ride brusca e il suo bicchiere batte sul legno del tavolo e tutti si voltano.
Mi volto anch'io, verso il pezzo di strada dove invece ogni cosa è muta, con la sola rara eccezione di una macchina che passa, o del vento ghiacciato di gennaio che sbatte contro gli alberi, o di quell'unica prostituta bionda che è rimasta sul viale e canticchia ad alta voce. È un periodo in cui non prendo sonno facilmente. Siedo, bevo vino rosso forte, ascolto canzoni che si mescolano alle storie che invento e racconto al portatile nuovo, quasi fossi anch'io un marinaio filosofo abbevazzato senza barba e senza pipa.
Il Frate tira fuori una banconota e la lascia sul tavolo, poggiandoci sopra un bicchiere di vetro perché non se ne voli via. La banconota si macchia di gocce di vino.
Al momento di uscire, lei di lui sa quasi tutto, verissimo o inventato che sia, mentre lui di lei sa solo che lavora per strada ma in un modo tutto suo, e che per essere una donna sa bere, e che in bocca ha trentadue denti bianchi bianchi che stanno benissimo sul rosso acceso della salamella che masticava fino a un attimo fa.
– Ma adesso parliamo un po' di te. Non mi hai detto neppure come ti chiami."